Nell’accingermi a scrivere questo articolo, onde evitare eventuali future polemiche da parte di ipotetici detrattori e contestatori, voglio da subito precisare che non sono un medico e che quello che scriverò in seguito, è una personale opinione, derivante da 20 anni di studio su alimentazione e benessere, durante i quali ho conseguito svariate certificazioni, letto centinaia di libri e valutato “tesi” ed “antitesi” riguardo ogni singola argomentazione per formularne successivamente una mia “sintesi”, nel senso greco del termine.
Trovate tutte le mie certificazioni nella sezione “Chi Sono” di questo sito. Tale premessa ovviamente non è da considerarsi un vano elenco di titoli ed attestati di varia natura, ma semplicemente una forma cautelativa, in quanto, soprattutto in Italia, se sprovvisti del titolo di laurea di Dottore in Medicina, è quasi un tabù poter parlare di salute, benessere e alimentazione, anche se si hanno alle spalle anni ed anni di studi approfonditi e la partecipazione a numerosi simposi medici.
A conclusione di ciò e a totale tutela, “le informazioni contenute in questo articolo non intendono sostituirsi al parere professionale di un medico; l’utilizzo di qualsiasi informazione qui riportata è a discrezione del lettore; mi sottraggo a qualsiasi responsabilità diretta o indiretta derivante dall’uso o dall’applicazione di qualsivoglia indicazione riportata in queste pagine; per ogni problema specifico si raccomanda di consultare uno specialista”.
Fatto! Cominciamo..? 😉
Il presente articolo vuole essere uno spunto di riflessione per una presa di consapevolezza di quanto abbiamo stravolto la nostra modalità di nutrirci. Sono certa che ad alcuni di voi risulterà impensabile ribaltare completamente le proprie abitudini alimentari ma, osser-vando lo stato attuale dei fatti, se ognuno mettesse in atto anche solo un singolo semplice cambiamento, miglioreremmo sicuramente lo stato di salute individuale e quello di benessere globale del nostro Pianeta.
Nel nostro cervello, l’ipotalamo attiva, controlla ed integra i meccanismi autonomi periferici, l’attività endocrina e molte funzioni somatiche quali la termoregolazione, il sonno, il bilancio idrosalino e l’assunzione del cibo. Il suo funzionamento è rimasto identico dall’era del Paleolitico, circa 2,5 milioni di anni fa. Purtroppo però le nostre abitudini alimentari, i nostri ritmi di vita e la nostra modalità di gestione dello stress sono notevolmente mutate. Facciamo un veloce paragone.
Al risveglio, l’uomo del Paleolitico sapeva che doveva procurarsi del cibo. Gli ormoni delle ore del mattino (testosterone, cortisolo, ormoni tiroidei) sono tutti rivolti al catabolismo, ovvero al consumo energetico, mentre quelli delle ore serali (insulina e GH, l’ormone della crescita) sono maggiormente anabolici, ovvero propendenti all’accumulo. Iniziare la giornata con una ricca colazione era per il cervello dell’uomo primitivo un segnale di disponibilità di cibo per la giornata, mentre il non ricevere cibo in abbondanza inviava al cervello un segnale di “carestia”, conseguentemente al quale l’occasionale e fortuito reperimento di anche modeste quantità di cibo durante la giornata veniva quasi interamente trasformato in scorte da accumulare.
Cosa fa mediamente l’uomo moderno..? Comincia la giornata con caffè e brioche! Spesso a seguito di una notte insonne o trascorsa in un sonno poco ristoratore, la maggior parte di noi si alza alla ricerca disperata di caffè (anziché indagare sulle cause dei disturbi del sonno e/o della stanchezza cronica), magari con una (o più!!) bustine di zucchero da 7gr. (quando la totalità del sangue del nostro intero organismo ne contiene 2,3gr. ..!) o di dolcificante (cancerogeno! – e che, in ogni caso, attraverso la sensazione di “dolce” percepita attraverso le nostre papille gustative, “inganna” il nostro organismo e lo predispone al rilascio di insulina e all’accumulo!), accompagnato da brioches preparate con farine raffinate, zucchero bianco, grassi saturi o addirittura grassi trans e idrogenati.. altra bella scarica di calorie “vuote”, ovvero prive dei micronutrienti presenti nei prodotti integrali. Gli effetti deleteri di questo tipo di colazione non sono solo relativi alla predisposizione all’accumulo di grasso, ma, come si evince dai recenti studi, saltare la colazione o effettuare una colazione di questo tipo, predispone anche a diabete e aterosclerosi.
Torniamo al Paleolitico. Cerchiamo di ricordarci i tempi in cui ci muovevamo in gruppo alla ricerca di cibo.. eravamo abituati a pasti costituiti prevalentemente da frutta, erbe, radici, bacche.. ed occasionalmente, agevolati dalla nostra adattabilità onnivora, uova o mo-deste quantità di carne, ottenuta faticosamente a seguito di una estenuante caccia.. In queste condizioni, assumendo sempre cibi naturali (ovviamente!) ed estremamente ricchi di fibra, la nostra glicemia era evidentemente sempre stabile. È curioso a questo proposito notare come l’insulina sia il nostro unico ormone ipoglicemizzante, mentre, al contrario, disponiamo di numerosi ormoni iperglicemizzanti (glucagone, cortisolo, adrenalina, GH), a dimostrazione del fatto che il nostro organismo è fisiologicamente preposto alla ricerca di zuccheri piuttosto che il contrario.. e che quindi fatica a far fronte alle inondazioni continue di glucosio nel sangue, alle quali continuamente viene attualmente sottoposto. Oltre-tutto, per potersi nutrire, l’uomo del paleolitico era forzatamente costretto al movimento, mentre noi..
Eccolo.. l’uomo moderno! Che si trascina giù dal letto e che compie come primo movimento (o quasi..) quello di.. aprire la porta del frigorifero! Prende il via così una giornata “alterata” da: caffè o the zuccherati, marmellate, cioccolatini, cereali per la colazione, brioches, succhi di frutta e bibite gassate zuccherate, prodotti conservati, pasta bianca, pane bianco, gelati e dolci di varia natura.. aiuto!! Il nostro corpo non ce la fa più a sopportare una tale ondata di glucosio! Non è nato per questo! A causa degli zuccheri a rapida assunzione, il sangue diventa immediatamente “sciroppato” e per l’organismo è una situazione di allarme! Le cellule beta delle isole di Langherans del pancreas secernono immediatamente enormi quantità di insulina (peccato che è ormai assodato che ai frequenti picchi di insulina – e alle conseguenti reazioni a catena – siano associate le più gravi epidemie dell’uomo moderno: diabete, ipertensione, obesità, dislipidemie e sindrome X, nonché, a seguito di correlati processi infiammatori, preparazione del terreno per cancro, ictus e infarto..): dopo aver stipato le riserve nel fegato (glicogeno epatico) e nei muscoli (glicogeno muscolare), tutto il restante glucosio ematico verrà.. trasformato in accumulo adiposo. Il corpo, spaventatosi per quest’ondata zuccherina, cercherà di abbassare il più possibile la glicemia e lascerà il sangue addirittura impoverito di glucosio e questo impoverimento, detto ipoglicemia reattiva, causerà senso di fame, debolezza ed irritabilità e porterà alla ricerca immediata di.. ulteriori zuccheri! Ecco innescato un circolo vizioso di dipendenza dal glucosio.. occorre una bella disintossicazione!!
Caro il mio Paleolitico! Torniamo lì, proseguiamo con il nostro viaggio e vediamo cosa succede.. Da numerosi studi di morfologia, fisiologia e biologia comparata, si evince che il nostro apparato digerente sia più simile a quello degli erbivori che non a quello dei carnivori e che la nostra adattabilità onnivora abbia costituito unicamente un vantaggio evolutivo in fasi particolarmente difficili. Il consumo di frutta e verdura ha innegabili vantaggi dal punto di vista della salute: fornisce fibra, acqua biologica, vitamine, antiossidanti, minerali ed oligoelementi preziosi. Innumerevoli studi correlano la regolare assunzione di frutta con un’azione preventiva sul cancro e su molte altre gravi patologie.
Invece l’uomo moderno si preoccupa di quanti zuccheri ci siano in.. una banana! E’ divertente osservare chi, alla fine di un pasto a dir poco assurdo, composto da cibi ad alto carico glicemico, prodotti conservati e grassi saturi, conti le calorie di un grappolo d’uva per evitare di ingrassare..! È proprio vero che bisogna stare attenti a non incaponirsi nelle cavillosità perdendo di vista la visione d’insieme.. E sono le stesse persone che alla fine della cena non rifiutano le pesche sciroppate, un dolce o il liquore dopo il caffè..!!
“Cibi spazzatura” nell’era del Paleolitico: articoli non presenti.
“Cibi spazzatura” nell’era moderna: zucchero bianco (che ha un potere di creare dipendenza 8 volte superiore alla cocaina!!), farina “00”, grassi vegetali idrogenati, margarine, dolcificanti artificiali (aspartame, acesulfame, saccarina, ciclammati), sciroppo di glucosio, alcolici e superalcolici, bibite gassate zuccherate, dolciumi industriali, caramelle, glu-tammato, nitriti/nitrati e conservanti in genere, addensanti.. Attenzione ai “finti integrali” (ovvero prodotti raffinati con assurda conseguente aggiunta di crusca), ai “grassi finti”, agli imbrogli dei “cibi light”..
Torniamo al Paleolitico per un cenno sull’attività fisica. Ovviamente, i nostri predecessori non facevano attività fisica per “tenersi in forma”..! Studi pubblicati nel 2004 sulla rivista “Nature” hanno dimostrato chiaramente come la natura abbia dotato l’uomo di una struttu-ra scheletrica, una modalità di consumo energetico, una capacità di smaltire il calore prodotto di un efficientissimo corridore di lunga durata: siamo nati per correre e non per stare fermi! Muoversi con regolarità stimola nel profondo l’attività metabolica ma ci sono numerosissimi altri vantaggi per il nostro organismo: gli effetti positivi del movimento si esplicano sull’efficienza cardiocircolatoria, sul profilo lipidico, sulla prevenzione del diabete, sull’ipertensione, sullo stress, sul rischio di infarto, sull’osteoporosi, sul sonno e sugli stati dell’umore, sulla stitichezza, sul cancro al colon e sull’eliminazione delle scorie e.. su molto altro ancora!
E quale messaggio arriva al cervello conseguentemente alla sedentarietà dell’uomo moderno..? “Oh, poverino.. non puoi correre.. Allora vuol dire che sei ferito, o vecchio, o malato.. quindi non potrai procacciarti il cibo da solo e ti dovrai nutrire degli avanzi che ti porteranno gli altri.. Eh, ma allora devo abbassare il tuo consumo energetico, devo abbas-sare la cilindrata del tuo motore.. Aspetta che ti smantello un po’ i muscoli (tanto adesso non ti servono).. si, lo so che anche il cuore è un muscolo, ma adesso devo pensare innanzitutto alla tua sopravvivenza.. A proposito, ti predispongo un po’ di più all’accumulo, così ogni singola bacca che ti porteranno e che ingerirai la potrai mettere da parte come riserva.. ecco, si, lì, proprio sui fianchi e sull’addome..”.. Scenario familiare..;-)..? Mettiti le scarpe e vai a correre!!
Il discorso non finisce qui. La seconda parte di questo articolo prende avvio con questa frase di Leonardo Da Vinci: “Solo quando l’Uomo considererà l’uccisione di un altro animale alla stregua dell’uccisione di un suo simile, solo allora sarà completamente civilizzato”. Da una parte la filosofia orientale ci insegna a ringraziare la mela che si dona a noi per il nostro nutrimento, in quanto la mela non nasce per noi, ma per nutrire e concimare i suoi propri semi; dall’altra in occidente il delirio di onnipotenza dell’uomo alla cima della catena alimentare lo ha portato a sfruttare ogni risorsa animale e vegetale, devastando la Madre Terra e dimenticandosi che tutto è Uno. Da una parte ogni singolo seme contiene tutto il necessario per esprimere nella sua completezza il potenziale della Vita, dall’altra parte ci si nutre di morte, oltretutto di una morte ottenuta con tanta barbarie. Nella savana il leone (per sua natura carnivoro) caccia la gazzella per pura sopravvivenza e non a scopo di lucro; la gazzella vive la sua vita libera e nei confronti del leone ha la sua chance di fuga. Ben diverso il rapporto che gli esseri umani instaurano con gli altri animali.
Nella nostra società il cibo è visto in modo totalmente errato. È la prima ed unica fonte di energia disponibile ed è indispensabile per la nostra vita. E chi ha interessi economici legati agli alimenti ne è perfettamente consapevole. La pubblicità subliminale ed ipnotica, le frasi che ci vengono costantemente ripetute e le immagini a queste associate, hanno creato nelle nostre menti delle credenze che condizionano la nostra assunzione di cibo, pilotando le nostre scelte nella parvenza di una assoluta libertà decisionale. Intanto, mentre noi accettiamo l’idea che mangiare in questo modo sia giusto, le principali malattie che ci stanno uccidendo sono causate proprio dalla cattiva alimentazione.
La carne, intrisa della morte dell’animale (acido urico e adrenalina), poche ore dopo la morte dell’animale, produce enzimi putrescenti (nello specifico, sostanze dai nomi che ben ne ricordano l’essenza, quali “cadaverina” e “putrescina”). Le recenti ricerche riguardanti la carne l’hanno definita di per se stessa un alimento cancerogeno.
Che dire dei latticini..? Siamo l’unica specie animale che, dopo lo svezzamento (e la conseguente perdita della lattasi, l’enzima preposto alla digestione del lattosio), continua a nutrirsi di latte.. e per giunta di un’altra specie animale! Il consumo di latte è stato correlato a svariate patologie, quali: osteoporosi (ma come? Non ci avevano detto di bere latte per prevenirla..?), cancro, produzione di muco, allergie e molte altre.
Attenzione alle dipendenze acidogene: caffeina, zucchero, sale, alcol, farinacei bianchi, aceto..
Osservate la provenienza dei cibi, preferendo i frutti di stagione piuttosto che quelli importati acerbi e poi fatti maturare artificialmente immergendoli in vasche di acidi e poi addizionati dell’aroma corrispondente.
Se ci guardiamo attorno, il panorama è devastante: carni con antibiotici ed ormoni, pesci con mercurio, diossina e pvc, frutta e verdura “addizionate” di pesticidi ed anticrittogamici.. lasciando stare il discorso dei cibi conservati..
Che fare? L’unica cosa possibile è aumentare la resistenza del nostro organismo, attraverso uno stile di vita sano e scelte alimentari etiche ed ecosostenibili per noi e per il pianeta. Come diceva Gandhi, “Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”. Addentriamoci più in profondità, in modo tale da rimuovere il voluto oscurantismo ed avere gli elementi per poter veramente compiere con consapevolezza scelte etiche.
La produzione di carne animale, uova e latte è effettuata con modalità in linea esclusiva-mente con gli interessi economici. Ciò che mangiamo sono degli esseri viventi, in grado di sentire emozioni e dolore. Esistono documentari che mostrano il trattamento degli animali cosiddetti “da macello” come regolarmente avviene in tutti gli allevamenti e mattatoi d’Europa e non solo, secondo le normali procedure stabilite dalle leggi vigenti.
Eccone un estratto. Vi informo che questa parte sarà volutamente cruda: è tanto bello vedere un vitellino, un coniglietto o un pulcino ed intenerirci di fronte a loro.. poi però ci dimentichiamo che sono gli stessi animali che facciamo finire nei nostri piatti.. Cerchiamo quindi di aprire gli occhi e di renderci consapevoli.
Le parole “carne” o “pesce” normalmente non rievocano molto nella nostra mente, se non semplici prodotti che utilizziamo per preparare i pasti. Ma la carne e il pesce, ovviamente, non vengono dal nulla, ma vengono da animali che sono allevati in condizioni assurde e che poi vengono uccisi con atrocità. Gli animali da macello (animali esattamente quanto lo sono i nostri animali da compagnia, quali i cani e i gatti), con un insulto alla loro dignità, vengono regolarmente tenuti in condizioni di estrema sofferenza, trattati come “cose” e non come esseri senzienti quali sono. Tenuti in condizioni di sovraffollamento, in cui spesso non possono nemmeno muoversi se non di pochi centimetri, impossibilitati a vede-re la luce del giorno e a stare all’aria aperta, a socializzare con altri animali della medesi-ma specie e ad accudire i loro piccoli, sono costretti a respirare un’aria satura di ammonia-ca dei loro stessi escrementi che brucia i loro polmoni, sono sottoposti a menomazioni, sono imbottiti di farmaci ed antibiotici che permettono loro di sopravvivere in tali condi-zioni estreme quel tanto che basta per raggiungere il peso sufficiente per portarli al macello.. Questa è la normalità per gli animali da allevamento: sofferenza e morte.. e non è colpa degli allevatori, dipende da noi: questo accade perché vogliamo nutrirci ogni giorno dei corpi degli animali uccisi. Sta a noi scegliere di farne a meno. Possiamo compiere altre scelte.
I conigli vengono allevati in gabbie in cui non riescono nemmeno a muoversi e, senza la possibilità di costruirsi delle tane, vivono in uno stato di continuo terrore. Per farli sopravvivere allo stress, vengono loro somministrate varie sostanze chimiche, antibiotici, anabolizzanti e stimolanti. Gli stimolanti sono necessari perché in queste condizioni i co-nigli possono diventare apatici e quindi smettere di mangiare. I conigli sono considerati animali di poco valore economico: si fa quel tanto che basta perché non ne muoiano troppi. Vengono portati al macello per essere uccisi e scuoiati. Vengono appesi vivi a dei gan-ci a testa in giù e vengono sgozzati con un punteruolo. Si parla di circa 15.000 capi a settimana per un macello di medie dimensioni. I conigli che si trovano in attesa nelle casse possono sentire, vedere ed odorare la morte dei loro simili. Circa il 20% dei conigli ri-prende conoscenza mentre si sta ancora dissanguando. I conigli vengono poi spellati meccanicamente e la loro pelle verrà utilizzata dall’industria della pelliccia. A questo punto, i corpi mutilati che pendono dai ganci hanno poco in comune con le creature che erano..
Negli allevamenti di maiali, gli animali vengono tenuti in grossi capannoni, impossibilitati ad esplorare e a scavare come farebbero in natura. Il loro innato senso della pulizia viene frustrato, perché obbligati ad espletare le proprie funzioni corporali nello stesso spazio in cui dormono. Gli animali manifestano gravi patologie organiche e psicologiche, che li rendono letargici e apatici oppure aggressivi. Per risolvere il problema dell’aggressività, è pratica comune menomare gli animali, tagliando loro la coda, i denti e strappando i testicoli, senza anestesia. Recenti investigazioni in Spagna e nel Regno Unito mostrano condizioni di squallore estremo: animali semiparalizzati, animali feriti e sofferenti, con ferite infettate e tumori enormi, ai quali non vengono prestate cure, animali morti e morenti assieme a quelli vivi, i malati assieme ai sani in recinti affollatissimi e sudici. I modi in cui sono tenute le scrofe sono ancora peggiori e la situazione è ancora più tragica. Vengono tenute in piccole gabbie di ferro che le fasciano totalmente, impedendo loro ogni movimento, compreso quello del semplice girarsi. In queste condizioni, sono costrette a vivere per la maggior parte del loro tempo, dato che sfornano una cucciolata dietro l’altra.. Sono anche impossibilitate a prendersi cura dei cuccioli, in quanto separate da loro da sbarre metalliche. Poi, nei macelli i maiali che si rifiutano di entrare vengono spinti con pungoli o tirati per le orecchie. Vengono storditi con scosse elettriche, ma spesso, anche la metà delle volte, lo stordimento non funziona e vengono appesi per le zampe posteriori e sgozzati ancora coscienti. Appesi per le zampe, soffrono di lacerazioni muscolari e panico, mentre urlano disperati, prima che la loro bocca si riempia rapidamente di sangue. Dopo il dissanguamento, i maiali sono immersi in una vasca di acqua bollente per facilitare il successivo spellamento. A causa del ritmo frenetico delle operazioni, a volte qualcuno di loro arriva ancora vivo fin lì e muore affogato nell’acqua bollente. Infine, il cadavere ancora caldo viene tagliato a pezzi, per essere messo in commercio.
I polli cosiddetti da carne o broiler vengono allevati in capannoni affollatissimi, fino a 10-15 polli per metro quadrato, sotto la luce sempre accesa perché crescano in fretta. Per ogni animale lo spazio disponibile è di pochi centimetri quadrati. All’età di 40-45 giorni questi animali, che sono ancora dei cuccioli fatti crescere a dismisura, vengono uccisi, mentre in natura potrebbero vivere fino a 7 anni. In poche settimane, gli animali raggiungono il peso ottimale per la vendita, un peso enorme raggiunto in troppo poco tempo, così che la struttura ossea non riesce a rinforzarsi a sufficienza per reggerlo e molti animali diventano semiparalitici. Dato l’elevatissimo numero di animali ed il basso valore commerciale di ogni singolo individuo, gli animali malati non vengono curati, vengono lasciati agonizzare e morire insieme agli altri e poi, di tanto in tanto, vengono raccolti i cadaveri e gettati nella spazzatura.
Per la produzione di uova, invece, viene usata un’altra razza. Negli stabilimenti di incubazione vengono fecondate le uova e tenute nelle incubatrici. Quando escono i pulcini, vengono separati i maschi dalle femmine. Le femmine verranno usate per produrre uova. I maschi invece sono inutili, perché non produrranno uova e non sono della razza giusta per diventare polli da carne: vengono dunque uccisi subito, gettandoli vivi in un tritacarne. Questo è un metodo standard di questo tipo di industria. Un altro metodo è il soffocamento in sacchi neri. Ai pulcini femmina viene tagliata la punta del becco con una macchina, perché, quando da adulte le galline saranno costrette in gabbie minuscole e per questo impazziranno e diventeranno aggressive tra loro, non si feriscano causando danni economici per i produttori. Vivendo in queste condizioni, le ali si atrofizzano a causa dell’immobilità forzata. Crescendo a contatto della griglia della pavimentazione, le zampe crescono deformi. Molti allevatori utilizzano razze manipolate geneticamente, destinate a soffrire ulteriormente a causa di dolorosi disturbi ossei e di difetti della spina dorsale. Non appena la produttività delle galline diminuisce, di solito dopo due anni, sono condotte al macello. L’uccisione delle galline a due anni e dei pulcini maschi appena nati avviene in tutti i tipi di allevamento, non solo in quelli intensivi. Nel macello questi poveri animali, che siano polli da carne di sei settimane o galline ovaiole di due anni, vengono appesi a testa in giù ai ganci metallici della catena di smontaggio, terrorizzati e sofferenti. Se i lavoratori del macello intendono seguire le norme, gli animali vengono storditi con ossido di carbonio, altrimenti vengono direttamente sgozzati vivi.
Negli allevamenti di bovini, i maschi vengono tenuti segregati in capannoni dove non hanno nemmeno lo spazio per muoversi e vengono fatti ingrassare in modo così innaturale che le loro stesse zampe non sono in grado di reggerne il peso. Dopo circa due anni di prigionia, vengono mandati al macello. Le mucche per produrre latte devono, come tutti i mammiferi, partorire un cucciolo. Appena partorito, vengono munte meccanicamente e costrette a produrre dieci volte la quantità di latte che produrrebbero in natura. Un terzo delle mucche soffre di mastite, una dolorosa infiammazione delle mammelle. I vitelli, sottoprodotto dell’industria del latte, vengono strappati alle madri appena nati, rinchiusi in piccolissimi recinti e a sei mesi mandati al macello. Per continuare a produrre latte, una mucca deve partorire un vitello ogni anno e, dopo cinque o sei anni, ormai esausta e sfruttata al massimo, verrà anche lei macellata come tutti i suoi figli. Al macello, nella cosiddetta “trappola di stordimento”, gli animali scivolano e cadono e sentono l’odore del sangue degli altri che vengono dissanguati a qualche metro da loro. Alcuni animali ricevono due o tre spari con una pistola a proiettile captivo prima di perdere coscienza. Nonostante questo, dopo lo sparo alcuni restano ancora coscienti e provano ad alzarsi disperatamente. Appesi per la coda, vengono spesso sgozzati ancora coscienti e mentre stanno respirando. Appena dopo, viene tagliato loro il muso, quando ancora, a volte, stanno ansimando. Successivamente vengono scuoiati, smembrati e sviscerati, pronti per essere immessi sul mercato.
Gli agnellini ci ispirano tenerezza quando li vediamo. Eppure, ad un mese di vita, vengono strappati alle madri, costretti a lunghi viaggi terribili ed estenuanti su tir strapieni, per arrivare ad un lurido macello in cui gli animali stremati vengono immobilizzati, storditi, appesi ad un gancio per una zampa e sgozzati. Prima di essere appesi, sentono l’odore del sangue e le urla di terrore dei loro simili. Data la scarsa efficacia con cui si dosa la scossa elettrica prima del dissanguamento, gli animali vengono spesso appesi per le zampe ancora coscienti, vengono accoltellati mentre si dibattono e muoiono dissanguati, nonostante i loro vani sforzi per scappare, davanti allo sguardo degli altri animali che attendono. Anche le pecore e le capre vengono uccise allo stesso modo. Quando le pecore non sono più utili per la produzione di lana e le capre non producono più abbastanza latte e devono essere sostituite con animali più giovani, gli animali più vecchi vengono macellati e la loro carne venduta.
I pesci spesso quasi non vengono nemmeno considerati animali. Occupano un gradino ancora più basso nella scala dell’umana compassione. Non si dice mai “i pesci”, ma “il pesce”, un nome collettivo, ad indicare la mancanza di una minima considerazione per la loro individualità e sofferenza. Vengono uccisi nella maniera più selvaggia e brutale dai bulldozer del mare, pescherecci enormi con reti estese per chilometri che trascinano per ore i pesci, intrappolati insieme a rocce e detriti che li scorticano vivi. Tirati fuori dall’acqua, i pesci più piccoli sono gettati su letti di ghiaccio. La maggior parte soffoca o viene schiacciata a morte da quelli che li seguono. I pesci più grandi vengono gettati direttamente sul ponte e colpiti con bastoni acuminati e poi squartati. Oltre alla cattura in mare, è sempre più diffuso l’allevamento di pesci, l’acquacoltura. Pesci che in natura nuoterebbero per chilometri ogni giorno, vengono tenuti ammassati in piccole vasche o gabbie di rete sospese nell’acqua, a migliaia in pochi metri cubi, costretti a nuotare in cerchio in un’acqua satura delle loro feci, sostanze chimiche, antibiotici, farmaci e pesticidi. Dato che non si sentono le loro urla di dolore, i pesci vengono uccisi in modo particolarmente cruento. Sono immersi nel sale ancora vivi, per disseccare i loro corpi, poi sventrati e lasciati ad agonizzare. In altri casi vengono portati alla superficie da una profondità di 20 metri, subendo una decompressione che causa un dolore acuto, e poi colpiti con un bastone fino alla morte. In altri casi gli animali vengono uccisi semplicemente prosciugando l’acqua dalla vasca, mandandoli incontro ad un lento soffocamento. Vengono trattati in questo modo barbaro, quasi fossero esseri inanimati, invece i pesci provano dolore ed emozioni come tutti gli altri animali, accudiscono la prole con affetto e devozione, sono curiosi, osservano, si avvicinano, hanno una lunga memoria, ricordano luoghi e fatti. Noi esseri umani in genere abbiamo difficoltà a provare empatia per loro: i pesci vivono in un elemento diverso dal nostro, non hanno una faccia che possa assumere espressioni che noi siamo in grado di capire, non emettono suoni che noi siamo in grado di percepire, hanno un linguaggio corporeo per noi incomprensibile, hanno dei sensi che noi non abbiamo e at-traverso i quali sono in grado di comunicare tra loro. Cosa ci dice tutto ciò? Che siamo noi a mancare di comprensione, non sono i pesci ad avere delle mancanze. I pesci ci sono alieni solo per ignoranza nostra: è una buona ragione questa per farli soffrire, torturarli, ucciderli..? Naturalmente, no..
Vogliamo veramente contribuire a tutto questo scempio..? Tutta questa sofferenza e queste morti non sono necessarie e sono del tutto evitabili. Servono solo per avere nei supermercati le bistecche, le salsicce, il petto di pollo, il prosciutto, il tonno, il salmone, le braciole, il cosciotto d’agnello, il pollo arrosto.. Nulla di tutto questo può essere ottenuto senza la sofferenza e la morte di animali uccisi appositamente. Nulla di tutto questo ci serve per vivere, quindi è violenza gratuita. Gli animali dei cui corpi troviamo normale nutrirci sono esattamente uguali ai cani ed ai gatti di cui ci fa giustamente orrore mangiare le carni. Tutti sono esseri senzienti, tutti provano emozioni. Un maiale può dimostrare intelligenza ed affetto tanto quanto un cane e i sentimenti e le emozioni di una mucca, di un coniglio, di un pollo o di un agnello non sono diversi da quelli che un gatto o un qualsiasi altro animale può provare. Tutti questi animali amano giocare, prendersi cura dei loro piccoli, sono in grado di provare affetto per altri animali della loro specie o di altre e per gli esseri umani. Sono in grado di provare dolore, paura, sofferenza, tristezza, oltre che gioia e felicità. Il solo fatto che non abbiamo mai provato a relazionarci con loro, non può negare i loro sen-timenti. Non considerarli, significa chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Non c’è nulla di normale e naturale in tutta questa violenza e nelle morti che ogni giorno vengono inflitte agli animali, non per cattiveria esplicita, ma solo perchè li si tratta come cose.
Non esistono allevamenti “umani”: anche nei pochi allevamenti biologici gli animali soffrono e vengono infine condotti al macello, le fecondazioni avvengono attraverso modali-tà barbare che legalizzano la violenza e i cuccioli vengono tolti alle madri per essere uccisi.. non cambia nulla: ogni genere di allevamento implica la morte degli animali allevati.
Se ami gli animali, smetti di mangiarli. Gli animali sono tutti uguali. Se non ami particolarmente gli animali ma rispetti il diritto alla vita e alla non sofferenza di tutti, smetti di mangiarli. Non serve amare per evitare di uccidere, serve solo senso di giustizia e rispetto per i sentimenti e le emozioni degli altri. Tutti gli altri, qualunque sia la loro specie.
Cito a conclusione un breve estratto dall’introduzione di “Teoria e pratica del fruttarismo crudista”, di Giorgio Fabretti. “Certamente, con il fruttarismo l’uomo raggiunge, sul piano alimentare, la massima “eticità”, oltre che l’optimum sul piano nutrizionale. Esiste, in realtà, tra la pianta fruttifera e l’uomo che si nutre di frutta, una sorta di “simbiosi mutualistica”. Biologicamente tutta la vita della pianta è finalizzata alla produzione del seme, che assicurerà la continuità della specie. Ma la pianta è immobile, legata, com’è, al mondo minerale. Pertanto, avendo bisogno di disperdere i semi, deve ricorrere ad un essere vivente mobile: ecco quindi che la pianta “offre” agli animali (uomo compreso) i suoi frutti perché se ne servano come nutrimento e favoriscano, così, la disseminazione il più lontano possibile dalla pianta-madre.”.
Piena di rispetto e gratitudine per la Natura, Namastè 🙏🏻